sabato 28 aprile 2007

VIVA IL PRIMO MAGGIO!!!


Nutri la speranza come la rosa
Cerca persone pie per innaffiarla
Addomestica il dolore
che e’ stato compreso
Usa “attorno” e insieme”
come navigatori costanti
Trai da te la forza della tua forza
La luce della tua luce
Come dallo sporco il pulito
dal caos l’ordine
dalla nemesi la rinascita
dalla malattia la salute
La scelta e’ sempre Due:
in basso o verso l’alto
Da soli o con tanti
(ma basta uno)
Non ti vivere mai come un vinto
La battaglia, ogni
battaglia
deve sempre incominciare
e quando la corolla delle mani
sara’ abbastanza salda
applica la regola eterna
di attingere forza all’infinito.
VIVA IL PRIMO MAGGIO!!

venerdì 27 aprile 2007

I LICENZIAMENTI PER MOTIVI DISCIPLINARI....



In Dhl i licenziamenti per motivi disciplinari sono stati utilizzati come forma di vessazione e di condizionamento psicologico. Spesso è stato lo strumento, la clava utilizzata dai soliti noti dell'Ufficio Gestione Risorse Umane per attuare ristrutturazioni e licenziamenti. Riteniamo fornirvi alcune informazioni e Pareri - LICENZIAMENTO DISCIPLINARE (clicca).

venerdì 20 aprile 2007

GLI ACCORDI CHE LEGITTIMANO PRECARIETA' E FLESSIBILITA' SELVAGGIA....




Leggete con attenzione quest' accordo Trasporto Merci - DHL: (clicca) sottoscritto dai sindacati nazionali e dai rappresentanti sindacali aziendali.

Sono questi accordi che autorizzano l'azienda ad attuare discriminazioni e flessibilità selvaggia.

Sono questi accordi che legittimano la precarietà, le vessazioni ed il mobbing.

Questi accordi si possono mettere in discussione. Cambiando radicalmente il modo di fare sindacato e dando spazio al sindacalismo di base(Cobas e Cub).

Per concludere informiamo i lavoratori che abbiamo quasi completato il "dossier Dhl". Provvederemo ad inviarlo tra qualche settimana ai vertici istituzionali ed alla magistratura.

lunedì 16 aprile 2007

IL DIRITTO DI VIVERE.



Altri morti sul lavoro. Altre vittime dello sfruttamento padronale. Pubblichiamo l'articolo di Gabriele Polo pubblicato sul quotidiano "Il Manifesto"

Brutta parola martiri. Brutta in generale, ancor più brutta per definire i morti sul lavoro. Che non si immolano per nessuna causa, che sono vittime di omicidi da evitare con azioni concrete. Ma per mettere in atto queste ultime bisogna avere una diversa considerazione del lavoro rispetto a quella imperante, che - detta in soldoni - lo riduce a merce disponibile, così declassificando le persone al lavoro a oggetti subordinati. Che questa concezione sia ancora prevalente lo si vede persino nel disegno di legge sulla sicurezza sul lavoro varata ieri dal consiglio dei ministri: pieno di buone intenzioni ma anche di omissioni che rischiano di renderlo inefficace.Ieri sono morti quattro lavoratori: siamo nella media giornaliera, ma non è detto che sia così, perché spesso alcune morti sfuggono al macrabo censimento quotidiano dei media. Un portuale è stato schiacciato da una balla di cellulosa a Genova, un edile è finito sotto una ruspa in un cantiere del milanese, un altro è caduto da un'impalcatura a Latina, un operaio marocchino è esploso a Brescia insieme al bidone che stava saldando. Oggi troveremo queste notizie in bella evidenza sui giornali, ma solo perché i portuali genovesi hanno ancora un po' di potere contrattuale e hanno subito scioperato, per la coincidenza di queste quattro morti con il varo del disegno di legge governativo sulla sicurezza e per le parole di Prodi. Non è una grande consolazione.Resta il problema delle priorità, della subordinazione di milioni di vite ai bisogni delle imprese. Le quali hanno fondato gran parte dei loro profitti di questi anni e la propria competitività sull'intensificazione dei ritmi che porta con sé una maggiore insicurezza: normativa, che si traduce in prestazioni «usa e getta»; fisica che diventa rischio quotidiano d'infortunio. La politica (ma anche la cultura) sembra incapace di rovesciare quest'ordine dei fattori. E anche quando si pone il problema di un riequilibrio - almeno parziale - della distribuzione della ricchezza, come ha annunciato ieri Prodi a proposito del «tesoretto», non riesce a ridare al lavoro e alla sua condizione la pesante centralità che ha nella vita quotidiana di donne e uomini. Non aiuta i lavoratori a superare la condizione di «oggetti». Vale per gli infortuni, per la precarietà, per i diritti. E' un aspetto della crisi della rappresentanza.Ribaltare una logica affermatasi in più di un ventennio non è semplice. Eppure qualcosa in quella direzione si potrebbe fare da subito. E, allora, diamo un consiglio a Romano Prodi: lasci perdere l'elegia dei martiri e visto che ha a disposizione un «tesoretto» inaspettato grazie a entrate fiscali superiori al previsto, ne usi una parte per combattere le morti di lavoro, per aumentare le ispezioni o per aiutare l'azione di prevenzione dei delegati alla sicurezza. Magari togliendo un pochino alle imprese, costringendole a usare i finanziamenti pubblici in arrivo per rendere la salute e la vita diritti davvero inviolabili.

(Gabriele Polo)

mercoledì 11 aprile 2007

TELEFONO, IL LICENZIAMENTO CORRE SUL FILO...




Dove finisce l’uso e dove comincia l’abuso del telefono aziendale? Si può usare il telefono per motivi personali e, se lo si può usare, con quale frequenza? E dall’altro versante quali sono i limiti del controllo sull'uso del telefono aziendale? Costituisce condotta illegittima l'utilizzo di apposite apparecchiature di controllo a distanza finalizzate a verificare se il lavoratore abusi del telefono aziendale? Una serie di interrogativi ai quali spesso non si sa dare una risposta certa.Si registra, da tempo, una tendenza giurisprudenziale tesa ad ampliare il potere del datore di lavoro di licenziare il dipendente che abusi del telefono aziendale. Ovviamente, la legittimità del provvedimento espulsivo adottato dovrà essere valutata caso per caso, avendo a mente: “la frequenza delle telefonate effettuate dal lavoratore “e il limite oltre il quale il datore di lavoro potrà ravvisare nel comportamento del dipendente gli estremi di un inadempimento tale da giustificare un recesso per giustificato motivo soggettivo.
Non può, peraltro, revocarsi in dubbio che l'indagine svolta dall'imprenditore e diretta ad accertare la condotta del dipendente ravvisi, di fatto, un'attività di controllo sui lavoratori, soggetta, ove esercitata attraverso l'uso di impianti di videosorveglianza, ai divieti cristallizzati nello Statuto dei lavoratori e nella legislazione in materia di privacy. Com'è noto, infatti, “l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori” è espressamente vietato dal comma 1 dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, salvo che tale utilizzo non sia richiesto “da esigenze organizzative e produttive, ovvero dalla sicurezza del lavoro”. In questo caso, gli impianti e le apparecchiature di controllo potranno essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna.
La nozione di “altre apparecchiature” è stata ritenuta una categoria aperta all'interpretazione giurisprudenziale, nella quale sono annoverati tutti quegli strumenti idonei, anche solo in potenza, ad esercitare un controllo sui lavoratori, compresi gli strumenti di controllo dell'uso del telefono aziendale da parte dei dipendenti.
La tendenza La giurisprudenza formatasi negli anni '80 ha ravvisato nel controllo datoriale sulle telefonate dei lavoratori una fattispecie integrante gli estremi della violazione dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, e non anche dell'articolo 8 della stessa legge che vieta le indagini sulle opinioni, con ciò determinando un superamento del precedente (e primo) orientamento giurisprudenziale che soleva ravvisare nell'uso aziendale del centralino elettronico una violazione di entrambe le citate norme. Ancorché in maniera non del tutto univoca, è stato ritenuto dai giudici della pretura di Milano che “Integra la violazione dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori l'installazione di un centralino telefonico automatico in grado di registrare e riprodurre su tabulati la data, il tempo, il destinatario ed il numero chiamante per ogni singola telefonata”. Addirittura ”l'installazione dei centralini telefonici elettronici che consentono la registrazione automatica del numero interno chiamante, del numero esterno chiamato, del giorno, dell'ora, del minuto di ogni singola telefonata, nonché del numero di scatti addebitati, e rendono possibile l'inclusione nella conversazione da parte di altri soggetti a ciò espressamente abilitati, integra la violazione del comma 2 dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, salvo che tali apparecchiature vengano attivate ed usate in presenza di un preventivo accordo con la rappresentanza sindacale. O al limite, in difetto, di un provvedimento dell'Ispettorato del lavoro che determini le modalità di uso dell'impianto (nella specie: gli imputati sono stati ammessi all'oblazione ex art. 162 bis c.p. per aver fornito la prova dell'avvenuta disinstallazione da tali centralini delle funzioni di memorizzazione dei dati personali e di inclusione)”. Secondo un diverso orientamento, invece, “L'uso di un elaboratore con funzioni di centralino telefonico è in contrasto con il divieto di cui all'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori quando è in tal modo possibile rilevare analiticamente i dati relativi ad ogni singola telefonata effettuata dai dipendenti e quando è possibile per alcuni utenti inserirsi nelle telefonate di altri mediante la cosiddetta intrusione”.
Ma la giurisprudenza successiva ha fatto un passo ulteriore, consentendo al datore di lavoro di utilizzare strumenti di controllo al fine di accertare possibili condotte illecite poste in essere dai medesimi a danno dell'azienda. Sotto questo profilo, la suprema Corte ha, di recente, stabilito che “Ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori previsto dall'articolo 4 è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dell'ambito di applicazione della norma i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore (cosiddetti controlli difensivi), quali, ad esempio, i sistemi di controllo dell'accesso ad aree riservate, o, appunto, gli apparecchi di rilevazione di telefonate ingiustificate”.
“L'abuso del telefono aziendale può costituire giustificato motivo soggettivo di licenziamento indipendentemente dall'entità del danno creato al datore di lavoro”(Cassazione, aprile 2002). Il principio enunciato dalla pronuncia in commento non costituisce, però, un elemento di novità; sul punto, infatti, la giurisprudenza sia di merito che di legittimità ha già avuto occasione di pronunciarsi (sia pure incidentalmente e con riferimento all'ipotesi di licenziamento). A tal proposito, senza nemmeno soffermarsi sull'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, la suprema corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto legittimo il licenziamento irrogato ad un dipendente il cui abuso del telefono aziendale sia stato accertato tramite i tabulati Telecom.
La giurisprudenza di merito ha, di recente però, ritenuto “illegittimo il licenziamento disciplinare intimato allorché la contestazione tardivamente formulata abbia determinato un effetto di cumulo di singole infrazioni che, ove contestate separatamente e tempestivamente, non sarebbero state tali da integrare gli estremi della giusta causa (ad esempio il caso che la società aveva contestato cumulativamente, a oltre un anno dall'inizio della condotta illecita, l'uso privato del telefono aziendale)”. Ciò conferma una precedente sentenza con cui la Corte di Cassazione, confermando una sentenza del Tribunale di Torino, ha dichiarato legittimo il licenziamento per giustificato motivo soggettivo irrogato ad un dipendente “reo” di aver effettuato dal telefono del datore numerose telefonate private).
Come precisato precedentemente poi, oltre ai divieti posti dall'articolo 4 e/o dall'articolo 8 della legge n. 300/70, l'esercizio del potere di controllo sui lavoratori trova un altro importante limite nella legislazione in materia di privacy. Vediamo in che modo ed a che titolo. Anche se si sottolinea che il datore di lavoro, al pari di ogni altro utente, ha diritto a controllare i dati relativi al traffico telefonico delle proprie utenze (e fra di esse anche quelle utilizzate dai dipendenti), tuttavia non può agire indiscriminatamente ed a proprio piacimento. Anzi, è stato ritenuto infatti che "il datore di lavoro se, dunque, può accedere ai dati relativi alle telefonate dei dipendenti senza chiedere il loro consenso (perché l'accesso gli è consentito dal dal decreto legge numero 171/1998), deve tuttavia sottostare alla norma della legge numero 675/1996 che gli impone di informare il lavoratore della raccolta di dati sul suo conto e, conseguentemente, pure sulle sue telefonate". In poche parole il datore di lavoro ha la facoltà di poter controllare ed intervenire, ma deve preventivamente informare il lavoratore di quello che intende fare.

martedì 10 aprile 2007

LA TUTELA DELLA SALUTE IN DHL....



Come viene tutelata la salute e la sicurezza antinfortunistica in Dhl? Conoscete il nome del Medico Competente? Sono state promosse le visite mediche periodiche? Viene concessa la pausa ai videoterminalisti? I lavoratori e le lavoratrici DHL sono considerati merce. Numeri da utilizzare in nome dei profitti e del guadagno. I manager ed i "responsabili delle risorse umane" sono sempre tutelati: percepiscono stipendi "d'oro" e sono iperprotetti sul piano psicofisico.
Come si tutela la salute sui posti di lavoro? Quali funzioni svolge il Medico Competente? ww.cgil.it/fisac.campania/626/art_17.htm (clicca)

venerdì 6 aprile 2007

BUONA PASQUA!!




“Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio, rovescio’ i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro dicendo: “Non sta forse scritto: La mia casa sara’ chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri”
(Vangelo. Marco, cap.11)

La redazione del Blog augura a tutti i lavoratori e le lavoratrici della DHL una Buona Pasqua. Appuntamento a Martedì prossimo per l'aggiornamento delle notizie.






mercoledì 4 aprile 2007

MOBBING: CONDANNATA L'ILVA DI NOVI LIGURE





“Questo e’ un sistema che umilia la gente. Questo e’ molto pericoloso”
“Ognuno ascolta solo i suoni significativi o rilevanti nel contesto in cui ha scelto di essere, ed e’ sordo a tutto il resto”


L'Ilva di Novi è stata condannata dalla sezione del Lavoro del tribunale di Alessandria a risarcire per mobbing due dipendenti per un totale di 320 mila euro. Protagonisti della vicenda i novesi Paolo Zaffiro e Giovanni Forgia che nel '96 svolgevano rispettivamente mansioni di capoturno e di coordinatore. Verso loro e altri dipendenti scattò però una richiesta di cassa integrazione. Dal luglio '96 al dicembre '97 furono pagati con il loro Tfr, ma nel frattempo la cassa integrazione fu negata all'Ilva. Il giudice dichiarò illegittima la sospensione, ordinando il reintegro sul posto di lavoro ma a gennaio '98 l'azienda aprì una procedura di mobilità solo per i due dipendenti, che ad aprile ricevettero lettera di licenziamento e per vivere dovettero accettare i cosiddetti "lavori socialmente utili", per usufruire di 1 milione al mese dall'Inps. Zaffiro e Forgia impugnarono la lettera di licenziamento che fu invalidata dal giudice, che ordinò un altro reintegro, ma non misero piede in fabbrica perchè l'azienda li trasferì in uno stabilimento in disuso a Genova. Presentarono ricorso e dopo un mese il giudice emise l'ennesimo reintegro nei quadri novesi. Il reintegro è stato effettuato solo il 1° febbraio 2001 ma Zaffiro e Forgia vennero di fatto resi inattivi, in una stanza a far nulla pur percependo regolare stipendio. Tutto questo per effetto di esuberi nel personale dell'azienda: dei 130 esuberi dichiarati dall'Ilva a dicembre '96, sono rientrati solo una decina di operai e 3 impiegati. Gli altri sono andati in pensione o hanno accettato incentivi o trasferimenti.

martedì 3 aprile 2007

LA VERITA' E' EVERSIONE....




La verita’ e’ eversione
L’onesta’ e’ eversione
La giustizia è eversione
La lotta per il bene e’ eversione
L’amore che nulla vuole per se’
E’
eversione
Non siete venuti al mondo
Per conformarvi al mondo
Dice san Paolo
Siete venuti per rovesciarlo
Dalle fondamenta di ogni male
Perche’ voi non siete
Di questo mondo
E solo cosi’ il mondo
Non potra’ prevalere
Su di voi.
(Frei Betto - Prete e Teologo brasiliano)

E' nata una vera e propria resistenza operaia. La resistenza dei lavoratori e delle lavoratrici DHL. Le nostre parole, semplici, umili, valgono molto di più dei comunicati e mail piene di falsità e di retorica che arrivano da mediocri personaggi che reggono la filiale italiana.

Dobbiamo spazzarli via. Continuiamo con le inchieste e le denunce. Raccontiamo tutto quello che accade sui posti di lavoro.

La rete ed il blog sono la metafora di un risveglio che deve partire da ciascuno di noi, di una informazione che si fa dal basso, per contagio e intersizione fra comunità condivise...

A proposito di informazione. Alcuni lavoratori ci hanno posto domande precise sulla determinazione delle ferie in DHL pubblichiamo alcune sentenze significative....


1. Il potere discrezionale del datore di lavoro di fissare l'epoca delle ferie non è del tutto arbitrario e privo di vincoli ma deve tener conto anche degli interessi del prestatore di lavoro. Tra l'altro il datore di lavoro deve preventivamente comunicare al lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie (art. 2109, 3° comma, c.c.) e rispettare il principio per cui le ferie debbono essere godute entro l'anno di lavoro e non successivamente (ex art. 2109, 2° comma, c.c. e Corte Cost, 19/12/90, n. 543). Pertanto una volta trascorso l'anno di competenza, il datore di lavoro non può più imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie e tanto meno può stabilire il periodo nel quale goderle, ma è tenuto al risarcimento del danno, mediante corresponsione della cosiddetta indennità sostitutiva (Cass. 24/10/00, n. 13980, pres. Trezza, est. Giannantonio, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2278; in Lavoro giur. 2001, pag. 144, con nota di Sgarbi, Il punto in tema di ferie lavorate, sia presso il datore abituale che presso altri; in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 504, con nota di Calafa, Ferie forzate e crisi d'azienda)
2. E’ illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché non venga tenuto conto anche degli interessi dei lavoratori e non vi siano comprovate esigenze organizzative aziendali (Pret. Milano 20/1/99, est. Cecconi, in D&L 1999, 359)
3. È illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché non venga salvaguardata la funzione fondamentale dell’istituto di consentire al lavoratore la reintegrazione delle energie psicofisiche (nella fattispecie, il Pretore ha ritenuto in contrasto con la funzione dell’istituto la fruizione di un solo giorno di ferie per disposizione del datore di lavoro) (Pret. Milano 16/11/96, est. Cincotti, in D&L 1997, 344)
Affinché la determinazione del periodo feriale da parte del datore di lavoro sia legittima, l'epoca delle ferie deve essere comunicata con quel preavviso che, secondo correttezza e buona fede, consenta al lavoratore di organizzare in modo conveniente il riposo concesso (Trib. Milano 24/2/96, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1996, 684)


lunedì 2 aprile 2007

UN OMICIDIO BIANCO...





Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su biancoe i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuoredavanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi e' infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
( Pablo Neruda)


Un altro operaio morto. Un compagno albanese. Un lavoratore straniero venuto da una terra che abbiamo colonializzato. Un lavoratore straniero utilizzato come merce. Un altro omicidio provocato nel nome dell'arroganza e della logica del profitto. E' questa la "flessibilità" che vogliono i padroni?

La Dhl doveva vigilare sulla cooperativa esternalizzata. Doveva pretendere l'attuazione delle normative sulla sicurezza antinfortunistica e sulla tutela della salute. Non l'ha fatto per risparmiare i costi.

Così come non vengono effettuate da tempo visite mediche e controlli sulla salute dei lavoratori e delle lavoratrici DHL.

Il sindacato si è limitato nel diffondere un laconico comunicato affisso in bacheca.

Il blog sta aprendo contraddizioni e divisioni nei vertici aziendali. Le nostre denunce stanno avendo effetto.

Continuiamo così. Subito dopo dobbiamo passare alla fase dell'azione: le iniziative di lotta.

domenica 1 aprile 2007

I KAPI E KAPETTI DEVONO ANDARE VIA!!! SONO TIGRI DI CARTA...



L’uomo non e’ nato per tenere le mani
legate al palo delle preghiere
Dio non vuole ginocchia umiliate
nelle chiese,
ma gambe di fuoco che galoppano,
mani che accarezzano viscere di ferro,
menti che generano brace,
labbra che danno baci.
Dico che io lavoro,
vivo, penso,
e che questo che faccio e’ un buon pregare,
che a Dio gli piace molto
e ne rispondo.
E dico che l’amore e’ il migliore
sacramento,
che vi amo, che amo,
e che non ho un posto nell’inferno
..
Io non chiedo un coltello nelle mani della Patria.
Ne’ un coltello ne’ un fucile per nessuno:
la terra e’ per tutti, come l’aria.
Mi piacerebbe avere enormi mani
violente, anzi selvagge
per strappar le frontiere, ad una ad una
e lasciar per confine solo l’aria.
Che nessuno possieda della terra
come si possiede un vestito:
che tutti abbiano terra
come hanno l’aria.
E strapperei le guerre alla radice,
neppure una ce ne lascerei
a infestare il paesaggio.
Ed aprirei la terra a tutti,
come se fosse l’aria.
Che’ l’aria e’ di nessuno, di nessuno…
Tutti, di aria, hanno una porzione.
..
(Pablo Neruda)


Fonti attendibili ci confermano che il blog viene letto con attenzione dai vertici tedeschi della DHL. Sono pervenute a Bonn decine di mail provenienti dalle varie sedi italiane. Molto probalbilmente arriveranno ispettori per indagare su quanto avviene in Italia. Dunque, abbiamo fatto bene nel creare questo importante strumento di informazione e di partecipazione democratica. Invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici nel continuare a denunciare dettagliatamente su quello che avviene nelle varie sedi. Continuiamo così per costruire una vera e propria inchiesta sulle condizioni di lavoro.

I cosiddetti manager, i kapi e kapetti della DHL vanno subito rimossi per rilanciare un'azienda che valorizzi le professionalità e la capacità dei suoi dipendenti. I kapi e kapetti sono tigri di carta.

Continuiamo così!! Hasta la Victoria Siempre...